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La Redazione

Diabete Infantile

Legge 115/87


 

Lo Stato italiano, con l’emanazione della legge in oggetto, ha dimostrato una grande sensibilità verso la malattia diabetica.

Scopo primario della legge è di tutelare il malato, al quale viene garantito oltre ad un sostegno sanitario piuttosto buono, anche la possibilità di essere istruito e l’opportunità di educare la collettività alla conoscenza del diabete. Il tramite affinché questi scopi siano capillarmente perseguiti sono le Regioni e per noi la Regione Veneto.

Per quanto riguarda il problema sanitario vero e proprio, si può affermare che l’assistenza attualmente fornita attraverso i servizi ospedalieri di diabetologia e l’acquisizione gratuita dei presidi diagnostici e terapeutici siano ormai un dato garantito e quindi ben poco ha ancora, in questo settore, da richiedere il malato diabetico al servizio sanitario nazionale. Forse opportuno sarebbe un potenziamento degli ambulatori diabetologici pediatrici, chiaramente naturalmente da annettere ai reparti o dipartimenti di pediatria, per l’ovvio motivo di garantire al bambino un ambiente ospedaliero specifico e particolarmente strutturato, in considerazione dei diversi problemi che si accompagnano con l’età infantile o giovanile.

Quello che invece va ancora richiesto, affinché il dettato della 115 sia effettivamente applicato, è una maggiore considerazione del tema educativo, che si ripresenta sia nell’ambito della famiglia, sia nell’ambito della scuola, sia anche nei confronti della collettività che dovrà convivere con questi bambini o giovani, i quali, pur con le loro problematiche, devono essere inseriti nel mondo odierno ed avere un trattamento non discriminante. Infatti è solo la conoscenza che permette di capire e quindi di superare tutte le tematiche scolastiche, sportive e del tempo libero che costellano la vita del bambino o giovane diabetico.

L’art. 7 della legge prevede l’istituzionalizzazione di iniziative di educazione all’autogestione della malattia, il che è attualmente e universalmente riconosciuto come l’unico vero traguardo cui si deve mirare. La via quindi più facilmente praticabile è quella di educare il malato all’autocontrollo della malattia in modo da conoscere perfettamente la sua salute e poter reagire di conseguenza in ogni momento della vita. E evidente che il luogo ideale dove apprendere le varie metodologie dell’autocontrollo è il campo-scuola, da farsi in stazioni climatiche che richiamano i piaceri della vacanza, ove i malati, seguiti dal loro staff medico, possono, minuto per minuto e situazione per situazione, misurarsi col diabete e imparare a controllarlo.

Altra direzione in cui la legge 115 non è stata ancora del tutto applicata è quella dell’educazione della popolazione nei confronti della malattia diabetica, anche se tale traguardo appare abbastanza lontano e forse difficilmente raggiungibile.

Invece è opportuna un’istruzione adeguata per gli insegnanti, i quali non sempre riescono a mantenere un rapporto normale con lo studente diabetico. Viene infatti segnalata dalle famiglie una scarsa conoscenza della malattia da parte della classe docen­te ignoranza che genera, nel migliore dei casi, apprensività nei confronti del bambino che si sente e si vede trattato in modo diverso. Tra l’altro molto spesso un certo disagio pervade l’inse­gnante il quale naturalmente teme ciò che non conosce, e così è spinto ad evitare di avere nel gruppo, per esempio nelle gite scolastiche, il bambino diabetico.

Come maestri e professori vengono adeguatamente istruiti per tutti i problemi relativi alla tossicodipendenza, ugualmente dovrebbero essere opportunamente istruiti nei confronti del malato diabetico, anche perché le vere difficoltà nella vita scola­stica sono pochissime e, salvo che in tenerissima età, il bambino ammalato, ma educato alla malattia, è in grado di autogestirsi, senza timori nè per sé nè per gli altri. Le Associazioni sentono quindi la necessità di potere avviare dei colloqui con gli insegnan­ti e di dotare le biblioteche delle scuole di qualche opuscolo che illustri la malattia, in modo da preparare il personale scolastico ad affrontare un’eventuale emergenza senza panico.

Altra opera di sensibilizzazione deve avvenire nei confronti degli operatori sportivi e talvolta purtroppo anche nei confronti dei medici sportivi. E risaputo che una corretta attività sportiva aiuta il giovane diabetico anche nell’accettazione della malattia, ma i pregiudizi sono duri a morire e capita che il giovane malato venga allontanato dall’attività e pertanto soffra di questa discrimi­nazione.

L’esercizio sportivo, attuato con le dovute precauzioni e nella conoscenza della malattia, è invece momento di superamento delle difficoltà e quindi va favorito il giovane che intenda praticare uno sport. Il mezzo è naturalmente la conoscenza della malattia da parte di coloro che si troveranno in contatto con lo sportivo diabetico, di modo che venga accettata come normale un'attività che gli giova e che egli potrà svolgere come tutti gli altri.

 

 

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